Sonata per arpeggione e pianoforte - Trio n. 1 in si bemolle magg. per pianoforte, violino e violoncello, op. 99

M. Rostropovich, B. Britten, V. Aškenazij, P. Zukerman, L. Harrell
Franz SchubertDecca 2001


Quando ascolto la Sonata per arpeggione e pianoforte di Schubert non posso fare a meno di augurarmi che lo sviluppo del cammino di ciascun uomo raggiunga la medesima perfezione espressiva – armonica e melodica – di questo capolavoro.
È raro ascoltare un brano musicale più bello e più compiuto di questa composizione. La musica, così intensamente carica e vibrante di dolcezza, senza nessuna pretesa di impressionare, si svolge discretamente, accettando di nascere da ciò che c’è, quasi obbedendo a qualcosa d’altro che non l’effluvio dei pensieri e dei sentimenti del compositore. E proprio in questa obbedienza, nell’amorevole approfondirsi del rapporto con ciò che è dato, Schubert scopre il Mistero e si avvicina alla perfezione.
Così, il percorso del musicista diventa metafora della vicenda umana; ognuno di noi è fatto perché quello che Dio chiede alla sua vita – la vita come vocazione – raggiunga una perfezione di armonia e melodia. Da che cosa può nascere la gioia se non da questa obbedienza? Perché l’armonia è un’obbedienza; a livello di libertà, di intelligenza e di amore, l’armonia è un’obbedienza. Chi riconosce ciò per cui è fatto, chi desidera la perfezione della sua vita, la chiede, la segue, le obbedisce. E, infatti, che cosa è il secondo movimento di questa Sonata, se non appassionata e tenace domanda?
Mi immagino Schubert teso alla bellezza e alla perfezione in quello che scriveva, disponibile al vero e al bello. E quale atteggiamento dell’uomo è rivelatore di questa disponibilità, che è pure l’unico modo per conoscere veramente? Innanzitutto lo stupore. Lo stupore è lo sguardo contemplativo, è la conseguenza dell’unico modo di abbracciare veramente un fatto, un avvenimento, un incontro. “I concetti creano gli idoli, solo lo stupore conosce”, diceva Gregorio di Nissa, un grande Padre della Chiesa dei primi secoli. E infatti, è solo abbracciando il vero e il bello che la nostra persona si costruisce. La personalità è data dalla coscienza del fine, da un giudizio sulle cose, dalla coscienza del rapporto delle cose con il fine, e dalla libertà come adesione, come energia che fa aderire al fine della propria azione. Ogni volta che ci sovviene di ascoltare l’Arpeggione, proviamo a immedesimarci con la genialità compiuta di Schubert, augurandoci che analogamente lo sviluppo della nostra personalità raggiunga la perfezione espressiva a cui è chiamata.

(da Solo lo stupore conosce di Luigi Giussani - estratto dal libretto incluso nel CD)