Grande Messa in do minore K. 427

B. Hendricks, J. Perry, P. Schreier, B. Luxon
Berliner Philharmoniker diretta da Herbert von Karajan
Wolfgang Amadeus MozartDeutsche Grammophon 2002


Quest’opera spettacolosa di Mozart, che ha il culmine nel canto Et incarnatus est (E si è fatto carne), è l’espressione più potente e più convincente, più semplice e più grande di un uomo che riconosce Cristo. La salvezza è una Presenza: questa è la sorgente della gioia e la sorgente della affettività del cuore cattolico di Mozart, del suo cuore amante di Cristo.
Et incarnatus est: è canto allo stato puro, quando tutto il tendere dell’uomo si scioglie nella limpidezza originale, nella purezza assoluta dello sguardo che vede e riconosce. Et incarnatus est: è contemplazione e domanda al tempo stesso, fiotto di pace e di gioia che nasce dallo stupore del cuore quando è posto di fronte all’avverarsi della sua attesa, al miracolo del compimento della sua domanda.
È venuto un Uomo, un giovane Uomo, nato in un certo paese, in un certo posto del mondo geograficamente precisabile, Nazareth. Quando uno va in Terra Santa, in quel paesino lì, ed entra in quella casupola semioscura in cui c’è un’iscrizione con impressa la frase: Verbum hic caro factum est (il Mistero di Dio, qui, si è fatto carne), gli vengono i brividi. È l’Uomo Gesù di Nazareth, scelto a essere l’umanità del Verbo, l’umanità di Dio, Dio che è risposta al cuore dell’uomo che ha creato, risposta esauriente, sovrabbondante al grido del cuore che ha creato; grido che si riverbera nel mistero della Trinità attraverso la presenza operata dallo spirito di un Uomo ebreo, nato da una donna di diciassette anni.

(da Il Divino incarnato di Luigi Giussani - estratto dal libretto incluso nel CD)